Sempre più spesso dunque, al grafologo giudiziario vengono fatte richieste che esulano dalla verifica della paternità di una scrittura e riferibili invece ad una vasta serie di problematiche tecniche che vanno dal falso documentale, alla datazione o verifica degli inchiostri, oppure la “decifrazione” di dattiloscritti o timbri impossibili: personalmente, ad esempio, assieme alla verifica della paternità delle firme apposte su una fideiussione mi fu chiesto anche di verificare la data del timbro postale apposto sul francobollo perché il cliente della banca ipotizzava che la banca stessa oltre alle firme potesse aver alterato anche la data di invio del documento. Cosa che non fu possibile verificare perché il timbro non aveva aderito totalmente sul francobollo lucido di posta prioritaria, per cui la sola metà che ne era rimasta impressa non consentiva di verificare o smentire tale ipotesi.
Vi sono poi casi peritali nei quali vengono posti quesiti strettamente attinenti alle manoscritture, ma può capitare che la soluzione del caso non sia data dalla comparazione con scritture autografe ma da tracce latenti di varia natura più o meno visibili, che fanno intuire la vera origine di quella determinata scrittura più delle analogie o differenze grafiche.
Queste tracce possono essere ad esempio dei solchi ciechi – che non sempre sono imputabili ad una copia su ricalco della scrittura in verifica -; oppure tracce di lapis servite a volte – ma non sempre – da guida per la scrittura vera e propria; tracce di abrasioni del supporto cartaceo causate da cancellazioni per alterazione delle scritture.
La casistica può essere la più svariata e non ci stupiamo più di quello che ci può essere chiesto o ci capita di osservare. Ed ogni volta dobbiamo adeguare le nostre conoscenze e le nostre metodologie al caso proposto.
La moderna tecnologia può aiutarci, anche se non sempre è possibile dotarsi di apparecchiature che, per l’uso ridotto, che ne facciamo non consentono di ammortizzare gli alti costi.
E’ dunque necessario che un professionista si affianchi a laboratori esperti in vari settori, soprattutto per i casi più specifici come ad esempio quelli riguardanti la datazione e verifica degli inchiostri.
Per tale collaborazione serve comunque l’autorizzazione dal magistrato.
Ad ogni modo, oltre ad una preparazione specifica in materia di grafologia peritale, il professionista è necessario che conosca – e se possibile ne sia dotato – le apparecchiature, anche minime, che consentono di esaminare dettagliatamente i documenti e, cosa importantissima, che possono permettere una corretta rilevazione dei particolari osservati al fine di documentarli in perizia, quali, un computer e un buon scanner per acquisire le immagini, un microscopio per osservare i documenti a forti ingrandimenti possibilmente connesso a macchina fotografica per documentare quanto rilevato, varie tipologie di illuminazione.
Per la valutazione della scrittura abbiamo a disposizione un modus operandi che si concretizza nella definizione di “analisi e comparazione della grafia”, come stabilito con sentenza del febbraio 1991 e confermato dalla riforma Cartabia che lo ha inserito come specializzazione in grafologia forense.
Modus in definitiva pur sempre soggetto al giudizio umano, per questo suscettibile di risultati diversi a seconda dei criteri di valutazione del perito.
Per le questioni tecniche invece è doveroso a mio avvio attenersi rigorosamente ad un metodo di stampo galileiano, ossia documentare al massimo quanto osservato non soltanto per dimostrare il risultato al giudice, ma anche e soprattutto per consentire ad altri tecnici attraverso le immagini e la descrizione logica degli esami effettuati di verificare e rilevare a loro volta il fenomeno descritto.
Per dare credibilità alle nostre affermazioni occorre “mostrare” attraverso un filo logico come si è arrivati a quel dato risultato, in modo tale che chiunque con stessi mezzi e stesse condizioni possa verificare ed arrivare a stesse conclusioni.
L’umiltà intellettuale di sottoporre al vaglio della prova sperimentale ogni operazione compiuta è indispensabile per acquistare credibilità presso gli utenti che richiedono il nostro operato, almeno in questo settore più tecnico dove il margine di interpretazione dei fenomeni è minimo.
Al perito infine, occorre anche una buona dose di costanza nell’esaminare accuratamente i documenti: la fretta e l’impazienza non sono mai di aiuto nello svolgimento del nostro lavoro.
L’esperienza mi ha insegnato che alcune volte non è sbagliato dare credito alle dichiarazioni fatte dalle persone interessate alla causa, perché possono indirizzarci nell’esaminare correttamente i documenti e permettere così una soluzione decisiva del caso.
La consulenza costituisce una “prova” quando il fatto presunto, la cui verità è sottoposta ad un riscontro obiettivo e verificabile attraverso il procedimento di indagine grafica, è dimostrato o smentito.